Biofouling nei processi a membrana   [Scarica questo white paper come file PDF]

I processi a membrana comprendono diversi tipi di metodi di separazione, grazie ai quali i componenti di una soluzione o di una sospensione vengono separati tramite una membrana. Il flusso di alimentazione viene suddiviso in due frazioni (vedi figura sottostante), quella che attraversa la membrana (permeato) e quella che contiene i componenti che sono stati trattenuti dalla membrana (retentato). I processi a membrana sono sempre più utilizzati nel trattamento delle acque e dei reflui, grazie al loro volume ridotto e all'elevata efficienza di separazione rispetto ai metodi tradizionali. Le caratteristiche della membrana, come porosità, selettività e carica elettrica, sono essenziali per il processo di separazione. I processi a membrana possono essere classificati in base alle dimensioni dei componenti da separare o alla pressione di lavoro (vedi tabella sottostante). I sistemi a membrana possono funzionare con flusso di permeato costante e pressione transmembrana (TMP) variabile, o con TMP costante e flusso di permeato variabile.

 

Schema dei processi a membrana

 

I processi a membrana possono essere classificati in base alle dimensioni dei componenti da separare o alla pressione di lavoro (vedi tabella sottostante). I sistemi a membrana possono funzionare con flusso di permeato costante e pressione transmembrana (TMP) variabile, o con TMP costante e flusso di permeato variabile.

 

 

 

Classificazione dei processi a membrana

 

Un ostacolo significativo all'applicazione delle membrane è la perdita di efficienza nel tempo, causata dalle incrostazioni ("fouling"). Si possono distinguere quattro categorie di fouling: il particolato, che ostruisce fisicamente i pori; il materiale organico, che aderisce alla membrana per adsorbimento; la materia inorganica, che precipita sulla superficie della membrana; i microrganismi, come alghe e batteri, che aderiscono alla membrana bloccandone i pori, formando il cosiddetto "biofouling" o "microfouling". Quando si verificano incrostazioni, il flusso di permeato diminuisce se la TMP è fissa, o aumenta la pressione di alimentazione se si lavora a flusso di permeato fisso (l'approccio più comune). Di conseguenza, la produttività si riduce e aumentano i costi operativi e di manutenzione della membrana, dovuti alla pulizia. Il fouling e l'efficienza della membrana sono le principali sfide per le tecnologie correlate alle membrane. Come accennato precedentemente, il biofouling è l'accumulo indesiderato di microrganismi che avviene tramite l'adesione, la crescita e il metabolismo dei batteri sulle membrane. Ci sono due componenti principali del microfouling: le cellule batteriche e le sostanze polimeriche extracellulari (EPS), prodotte dai microrganismi stessi. In molte applicazioni è stato riscontrato come la frazione EPS costituisca la parte preponderante, rappresentando il 50-80% della materia organica totale. Tra i vari processi di filtrazione elencati nella tabella 1, il biofouling desta particolare preoccupazione nelle applicazioni industriali di nanofiltrazione e osmosi inversa. Queste tecniche sono comunemente utilizzate per l'addolcimento dell'acqua, la produzione di acqua potabile, la produzione di acqua di processo, la rimozione dei nitrati e la produzione di acqua ultrapura. Diversi trattamenti vengono applicati per controllare il fouling della membrana, che sia esso biologico o di altro tipo. In questo articolo verrà fornita una panoramica dei diversi approcci al monitoraggio e al controllo del biofouling nelle applicazioni industriali delle membrane NF e RO. Comunemente, lo sviluppo di uno strato di fouling viene rilevato indirettamente misurando la perdita di flusso del permeato o l'aumento della pressione transmembrana. Queste analisi sono economiche e facili da eseguire e anche i risultati, basati su indicatori chiave di prestazione (KPI), sono semplici da comprendere per l'operatore, al fine di riconoscere la necessità di un trattamento di pulizia. Solitamente, quando il calo di TMP raggiunge il 5-10%, viene effettuata la pulizia. Tuttavia, a tali valori di riduzione della pressione, lo strato di fouling potrebbe essere già spesso e ben consolidato, risultando quindi difficile da rimuovere. Inoltre, non risulta possibile distinguere il tipo di incrostazione (organica, inorganica, biologica, ecc.) mentre, per scegliere il trattamento di pulizia più appropriato, è necessario sapere se l'incrostazione rilevata sia biologica o di altro tipo.

La tecnica Ultrasonic Time-Domain Reflectometry (UTDR) sta diventando sempre più popolare per il monitoraggio del biofouling in linea e in tempo reale. Quando le onde ultrasoniche si riflettono sulle interfacce (come l'interfaccia acqua/membrana o l'interfaccia acqua/fouling), è possibile determinare lo spessore e l'identità dello strato di fouling analizzando il tempo di ritorno e l'ampiezza delle onde. Sebbene la tecnica UTDR sia stata applicata a diversi processi di separazione delle membrane, è importante sottolineare che, poiché le proprietà acustiche delle varie interfacce differiscono in maniera minima, risulta difficile distinguere il biofouling da altri tipi di fouling. Anche la spettroscopia di impedenza elettrica (EIS) sta guadagnando sempre più interesse per il monitoraggio non invasivo del fouling delle membrane. Questo metodo si basa sul fatto che, con l'accumulo di fouling, le proprietà elettriche della membrana cambiano. Rispetto alle misurazioni convenzionali del fouling, come la riduzione del flusso di permeato e l'aumento della pressione transmembrana, l'EIS risulta molto più sensibile e ha il potenziale per distinguere tra diversi tipi di fouling. Nonostante l'efficacia dimostrata dall'EIS, la sua idoneità per applicazioni industriali deve ancora essere testata e ottimizzata sul campo. Un'altra opzione è l'iniezione di un agente fluorogenico nell'acqua di alimentazione. Questo agente, interagendo con i microrganismi, genera un cambiamento nel segnale fluorescente che viene rilevato, in linea, da un fluorimetro. L'agente fluorogenico non deve compromettere l'efficacia del pretrattamento chimico e deve essere compatibile con i materiali della membrana, oltre ad essere ecocompatibile.

Tutte le analisi precedentemente descritte consentono il monitoraggio online del fouling, ma molte di esse non distinguono il tipo di incrostazione o possono restituire un allarme solo quando si è già sviluppato uno strato spesso, o possono richiedere l'uso di sostanze chimiche non compatibili con il processo. Ad oggi, uno strumento specifico per il rilevamento del biofouling online non è ancora stato sviluppato.

Il primo passaggio per controllare lo sviluppo del biofilm avviene durante la fase di progettazione, dove vengono stabilite le condizioni idrodinamiche, la struttura della membrana e i materiali utilizzati. L'incrostazione delle membrane può essere ridotta aumentando la velocità di taglio o la turbolenza vicino alla superficie della membrana. Tuttavia, un'eccessiva turbolenza potrebbe favorire l'apporto di nutrienti al biofilm, contribuendo alla sua crescita. L'ottimizzazione delle condizioni idrodinamiche è essenziale per prevenire, o quantomeno ridurre al minimo, il biofouling. Il grado di adesione dell'incrostazione biologica dipende dalle proprietà dei microrganismi, della soluzione e della superficie della membrana. Il fouling è strettamente connesso alle caratteristiche della superficie, come la rugosità e l'idrofilia: le superfici lisce e idrofile mostrano una minore tendenza all'incrostazione. Queste qualità possono essere migliorate e, quindi, aumentare la resistenza all'incrostazione, attraverso modifiche superficiali, che possono essere di tipo fisico, come i rivestimenti superficiali (surface coating, SC), o chimico, come il surface grafting (SG).

Sebbene una progettazione ottimale contribuisca a ridurre il biofouling, essa da sola non è sufficiente. Di conseguenza, sono necessarie ulteriori misure. Solitamente, quando la TMP aumenta, si deduce che è necessario procedere alla pulizia del sistema. I metodi di pulizia delle membrane si dividono in fisici e chimici: i primi includono processi idraulici (come il lavaggio e il controlavaggio) e meccanici, mentre i secondi comportano l'uso di sostanze chimiche, quali acidi, basi, ossidanti e tensioattivi. La combinazione di pulizia fisica seguita da trattamento chimico è spesso adottata per massimizzare l'efficacia. Tuttavia, in presenza di elevate quantità di biomassa nella condotta di alimentazione, il trasporto delle sostanze chimiche può essere limitato, rendendo difficile la completa rimozione del biofouling. Per questo motivo, risulta fondamentale effettuare una pulizia precoce, quando il sistema sia solo parzialmente incrostato. Generalmente, per il pretrattamento si utilizzano biocidi a base di cloro, data la loro efficacia nell'eliminazione dei batteri. Tuttavia, poiché la maggior parte delle membrane polimeriche disponibili in commercio è sensibile agli agenti ossidanti, il cloro deve essere neutralizzato tramite l'aggiunta di bisolfito di sodio prima che l'acqua trattata raggiunga la membrana. Anche l'ozono è ampiamente impiegato come disinfettante nel trattamento delle acque, grazie al suo potente effetto ossidante; tuttavia, poiché è instabile, deve essere prodotto in loco e il contatto diretto con le membrane polimeriche va evitato. Biocidi non ossidanti, come formaldeide, glutaraldeide e ammonio quaternario, risultano meno aggressivi nei confronti delle membrane, ma i batteri possono sviluppare resistenza nel tempo (come discusso in questo white paper). I biocidi sono spesso dosati in modo continuo, il che comporta possibili problemi ambientali, ecologici e tossicologici, oltre ad aumentare i costi di trattamento. Dovrebbe essere condotto un monitoraggio biologico specifico, al fine di applicare i trattamenti chimici solo quando risulti strettamente necessario. Altri pretrattamenti prevedono l'uso di coagulanti e flocculanti, che aggregano le cellule microbiche, facilitandone la sedimentazione prima della fase di filtrazione. Alcuni studi recenti hanno confrontato l'uso tradizionale di coagulanti e flocculanti con l'applicazione di una fase di filtrazione più grossolana. Ad esempio, se si applica l'osmosi inversa per la desalinizzazione dell'acqua, i metodi MF e UF possono essere utilizzati per pretrattare l'acqua di alimentazione. In questo modo si riduce la quantità di sostanze chimiche utilizzate, si migliora l'efficienza del processo e si riducono i volumi complessivi del sistema, poiché le unità a membrana sono più compatte rispetto ai serbatoi impiegati per la coagulazione e la flocculazione.

Gli EPS secreti dai batteri favoriscono l'adesione batterica alle membrane e funzionano da barriera protettiva per la colonia, schermandola dall'azione delle sostanze chimiche (vedi figura sottostante). I trattamenti fisici e chimici sopra menzionati non sono sempre in grado di rimuovere efficacemente gli EPS, che possono essere invece idrolizzati da enzimi specifici. Tuttavia, va considerato che l'efficacia degli enzimi può essere notevolmente ridotta se non vengono applicati a pH ottimale. Inoltre, gli enzimi sono estremamente sensibili alla temperatura: temperature elevate possono denaturarli, mentre temperature basse possono ridurre significativamente la loro attività. Nonostante ciò, rispetto ai metodi chimici per la rimozione degli EPS, l'approccio enzimatico risulta privo di tossicità e maggiormente ecocompatibile, riducendo al minimo il rischio che i batteri sviluppino resistenza agli agenti antifouling.

Protezione del biofilm attraverso gli EPS

Tra le tecniche più recenti, attualmente applicate solo in laboratorio o in progetti pilota, l'utilizzo delle nanoparticelle d'argento (Ag-NP) ha dimostrato un'elevata efficacia nel controllo della crescita e dell'attività di vari microrganismi planctonici. Sebbene queste nanoparticelle non siano efficaci contro biofilm già maturi, possono essere utilizzate per ritardarne la formazione. Tuttavia, questo metodo di pretrattamento è poco utilizzato nei sistemi industriali a membrana, poiché potrebbe non essere conveniente su larga scala, a causa dei volumi di acqua trattati.

I microrganismi coordinano i loro comportamenti, come la formazione di biofilm, attraverso il meccanismo del quorum sensing (QS). Questo processo si basa sulla produzione, rilascio e rilevamento di piccole molecole segnale chiamate autoinduttori (AI). Il quorum sensing è probabilmente il fattore chiave che regola la transizione dal comportamento di una singola cellula planctonica a quello di una colonia batterica. L'interruzione o l'inibizione dei sistemi QS rappresenta una strategia promettente per controllare la proliferazione microbica e, di conseguenza, il biofouling delle membrane. Tuttavia, finora, gli inibitori del quorum sensing sono stati utilizzati prevalentemente in applicazioni di laboratorio con colture pure. Sono quindi necessari ulteriori studi per verificare l'efficacia di questi inibitori nel controllo del biofouling su scala industriale.

Risulta evidente come un'adeguata progettazione dei processi e dei materiali risulti essenziale per mitigare il biofouling delle membrana e migliorare le prestazioni del sistema. Tuttavia, queste misure da sole non sono sufficienti, ed è necessario adottare ulteriori azioni per controllare la crescita del biofilm. Attualmente, il dosaggio chimico rimane la tecnica più comune. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il biocida viene dosato senza una conoscenza precisa delle esigenze reali del processo, poiché nessuna delle tecniche menzionate consente un monitoraggio accurato e specifico del biofouling nelle applicazioni industriali. La tecnologia ALVIM, all'avanguardia nel monitoraggio del biofilm, rappresenta uno strumento efficace per rilevare la crescita batterica su superfici a contatto con liquidi. Grazie ai dati forniti dal Sistema ALVIM, in linea e in tempo reale, è possibile regolare e ottimizzare manualmente o automaticamente i trattamenti biocidi, verificandone allo stesso tempo l'efficacia.Nei sistemi a membrana, la sonda ALVIM può essere applicata prima della membrana per monitorare la crescita del biofilm in condotte e serbatoi e, conoscendo l'attività microbica, per dosare i prodotti chimici in base alle reali necessità (qui un esempio relativo al rilevamento del biofilm nella dissalazione dell'acqua di mare mediante osmosi inversa, e qui un altro esempio relativo al monitoraggio del biofilm nell'osmosi inversa industriale). Questo approccio consente, inoltre, di ottimizzare l'uso del bisolfito di sodio, impiegato per neutralizzare il cloro. I vantaggi di questa ottimizzazione sono molteplici:

  • aumento dell'efficienza del processo;
  • aumento della durata della membrana nel tempo;
  • riduzione dei tempi di fermo impianto;
  • riduzione dei costi operativi;
  • riduzione dell'impatto ambientale.

 

 

Hai un problema simile con il biofilm?
Contatta i nostri esperti e chiedi una consulenza gratuita su misura